Pagina (319/1468)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Molti in ogni città aspiravano a quel posto; e sommo studio mettevano i cittadini per iscegliere i migliori. Verre di sua sola autorità spogliò le città di quel diritto, di cui erano tanto gelose, e bandì che indi in poi da lui sarebbero scelti i censori. Un pubblico mercato s’aprì allora in Siracusa, in cui concorrevano tutti coloro, che volevano essere censori; i più larghi donatori ottennero il posto. Oltre al denaro, ch’ebbero a pagare per aver la carica, altro ne volle il pretore da ognun di loro, per erigersi a lui statue; e per la causa stessa centoventimila sesterzî fece pagare alle città. Per tal modo tutta Sicilia e tutta Roma furono gremite di statue di Verre, che si volevano far credere erette spontaneamente, quale da tal città, quale dagli agricoltori, quale da tutto il popolo siciliano. Accadde allora ciò che sempre è accaduto, i censori che avevan comprata la carica, ebbero a vendere la giustizia. Si lasciarono corrompere dai ricchi, per far apparir minore la rendita loro, e, per non venir meno i tributi, si fece apparir maggiore la rendita de’ poveri. Sommi furono i disordini che ne nacquero. Il censo si rinnovava ogni cinque anni. Era stato fatto prima di Verre dal pretore Sesto Peduceo. L. Metello, che a Verre successe, appena giunse in Sicilia, conosciuto l’ingiustizia del censo, ordinò di non tenersene conto; e, fino alla elezione dei nuovi censori, i tributi si esigessero giusta il censo di Peduceo.
      In somma la rapacità di costui si può conoscere da un fatto.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





Siracusa Sicilia Roma Verre Verre Sesto Peduceo Metello Verre Sicilia Peduceo