Non mi duole della legge, diceva S. Geronimo; mi duole bensì che bene ci stia (99). Nei secoli d’appresso anche maggiore fu la depravazione de’ costumi.
Lo zelo e la pietà del santo pontefice Gregorio magno, salito sulla cattedra di S. Pietro nel 590, nulla valsero a correggerli. I sacri asili delle vergini erano pubblicamente violati; i monasteri degli uomini erano divenuti ricettacolo di laidezze. I vescovi di Agrigento, di Catana, di Panormo furono accusati al santo pontefice per le loro colpe; quelli di Melita e di Lipara furono deposti.
Nè meno scomposto divenne lo stato civile. Trasferita da Costantino la sede dell’impero in Bizanzio, che Costantinopoli, per lui fu detto, venuto meno quel forte amor di patria, ch’era l’anima del soldato romano, rallentata la disciplina, che aveva resi invincibili quegli eserciti, sorgevano da per tutto imperatori, i quali or comandavano di accordo, or si dividevano le provincie, e più spesso ancora venivano fra loro alle mani. Le legioni, non più composte di soldati romani, ma di gente raunaticcia da tutti i paesi o barbari o soggetti, formavano un disordinato mescuglio d’uomini di nazione, consuetudine, lingua, religione diversa. E però l’impero, non avendo più forza pari alla sua vastità, cominciò a cadere in brani, preda delle barbare nazioni contermini, le quali vennero invadendo le più rimote provincie finchè giunsero prima a molestare e poi a sottomettere del tutto la Sicilia.
VIII. - Genserigo re de’ Vandali, fattosi padrone dell’Affrica, mosse nel 440 da Cartagine con numerosa armata e venne in Sicilia.
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