Ma quel termine, che le costoro conquiste non ebbero dal valore degli altri popoli, lo ebbero dalle interne loro scissure. Morto Maometto, i suoi capitani scelsero un califfo, o sia vicario di lui, che riuniva in se i due caratteri d’imperatore e capo supremo della religione. I primi califfi, che fermarono stanza in Bagdad, destinarono a governare i regni lontani gli emir, che sotto la dipendenza loro vi regnavano con titolo ereditario; e questi affidavano ai Salì, da essi eletti o rimessi a bel diletto, il governo delle provincie. Col volger dei secoli i più potenti degli emir, mettendo avanti o una discendenza più diretta da Maometto, o pratiche religiose più pure, si dichiararono califfi; molti de’ Salì vollero ritenere nelle loro famiglie il governo delle provincie, e divennero emir; molti potenti usurparono alcuna provincia o distretto. Così tutto l’impero saracino fu diviso in più regni, più famiglie e più sette, discordi e spesso nemiche.
Le immense ricchezze, che i primi conquistatori avevano tratte dallo spoglio dei paesi sottomessi, vennero bel bello molcendo la primitiva ferocia della nazione. Bagdad, Damasco, Cairvan, Fez, Cordova e le altre capitali dei regni e delle provincie, divennero la sede del lusso e della magnificenza. I sudditi non più per entusiasmo religioso, ma per amore di larghi stipendî, corsero alle armi. I principi non più di conquista, ma di piaceri furono vaghi; e fra’ piaceri tennero il proteggere e diffondere le scienze.
Con tale spinta le lettere cominciarono a fiorire tra’ Saracini, e vennero d’ora in ora acquistando nuovo incremento per la generosità e la nobile emulazione dei principi; Abu Giafar al Mansur, secondo califfo della famiglia degli Abbassidi, fu il primo a darne l’esempio.
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