Al Mamoun suo nipote lo superò. In Costantinopoli, in Armenia, in Siria, in Egitto e fino nell’India, spediva gente a raccattare le opere di tutti gli antichi scrittori che fece tradurre in lingua araba. Ne incoraggiava la lettura; e il successore di Maometto si compiaceva di assistere alle discussioni de’ dotti, cui quelle letture davan luogo. I suoi successori ne seguirono le tracce. Nè i califfi fatimidi d’Affrica e gli ommiadi di Spagna furono da meno. Lo stesso impegno mostrarono tutti gli emir delle provincie. Lo zelo per la diffusione delle utili cognizioni divenne tanto generale, che un vizir spese dugentomila dinar (100), per erigere un collegio di studi in Bagdad, al quale assegnò una rendita di quindicimila dinar l’anno, per mercede dei professori e mantenimento dagli scolari poveri. Immense biblioteche avevano, non che i principi, anche i primi cittadini. Un medico ricusò l’invito del sultano di Bocara di recarsi a legger medicina in quella città, perchè per lo straporto dei suoi libri erano necessarî quattrocento cameli. Centomila volumi erano nella biblioteca de’ califfi fatimidi al Cairo; e fra questi si contavano seimila e cinquecento opere di medicina e d’astronomia; due globi terraquei v’erano, uno di bronzo, l’altro d’argento. La biblioteca, non solo era sempre aperta a tutti, ma anche si davano in presto i libri agli studiosi. Celebri erano le biblioteche e le accademie di Fez e di Marocco. Ma innanzi a tutti andavano i Saracini di Spagna. I califfi ommiadi avevano riunito nella loro biblioteca di Cordova secentomila volumi, ventiquattro de’ quali ne contenevano l’indice.
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