Il furto e l’ingiustizia erano giunti a tale, che il potente devorava il più debole (130). Non altro rimedio seppe trovare il califfo che dar la Sicilia ad un emir, invece di mandarvi, come sin’allora si era fatto, un governante temporario. La traduzione che ci resta del frammento storico di Sheahoddin, dice che il califfo diede la Sicilia in feudum. Forse il traduttore usò una frase, propria de’ tempi, in cui scrisse, affatto straniera al governo de’ Saracini. Pure gli emir non eran guari dissimili da quei principi, che per secoli tennero molte provincie d’Europa, con dipendenza feudale da alcun re od imperatore. Possedevan le provincie con dritto di successione nella stessa famiglia; il figliuolo o prossimo parente del morto emir doveva esse riconosciuto dal supremo signore; allo emir dovevano obbedienza i sudditi; al califfo lo emir; insomma, tranne il nome di feudo e le forme feudali, gli emir avevano gli stessi diritti e i doveri stessi de’ principi feudali. S’improntava il nome loro nelle monete; pubbliche preci si facevano per essi; e ministravano a posta loro le cose della provincia, salvo la dipendenza politica e religiosa dal califfo e gli ajuti, che quand’eran del caso, scambievolmente si davano.
Un Al Hasan, che in grande stato era presso il califfo, fu il primo emir di Sicilia. Tra perchè era costui uomo forte e vigilante, e forse ancora perchè il desiderio de’ Saracini siciliani di sottrarsi alla straniera dominazione venne così in parte appagato, le cose di Sicilia si acquetarono.
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