Dopo varie battaglie, Alì abbandonato dai suoi, fu preso e condotto a Giafar, il quale, dimenticando i vincoli del sangue, dopo otto giorni lo mise a morte; di che grave increbbe al buon Jusuf, padre d’entrambi. Nè contento a questo, fece morire tutti i servi, e bandì dall’isola gli Affricani; però restarono le armi solo in mano dei Saracini siciliani: lo che ivi a poco gli tornò in capo.
XI. - Aveva Giafar a segretario un Hasan, di cui faceva gran conto, uomo oltre ad ogni dire iniquo e rapace. Lo avea costui indotto ad imporre lo straordinario dazio della decima sul frumento e su tutti gli altri prodotti della terra. I Saracini siciliani, usi a non pagare altro che una gabella per ogni pajo di buoi, mal tollerarono quel tributo, che veniva per soprassoma a tante altre vessazioni e nequizie. Ed oltracciò a malincuore soffrivano i modi alteri di Giafar, che con gran disprezzo trattava anche i personaggi più distinti. Però, levatosi in capo tutto il popolo di Palermo, venne ad assalire il suo castello, addì 14 di marzo del 1019, e stette tutta la notte a cercare alcuna parte meno difesa, onde penetrarvi. Erano già i sollevati per farsi entro, quando il vecchio Jusuf, che i Siciliani amavano e rispettavano, tutto paralitico che era, fattosi mettere in lettica, venne innanzi a loro. L’aspetto del buon vecchio attutì l’ira del popolo. Pregava Jusuf la gente a rimanere dall’impresa, prometteva di torre il governo a Giafar e darlo a qualunque altro eglino volessero. Fu accettato il partito, e fu proposto l’altro fratello Ahmed al Achal, che cominciò tosto a governare.
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