Prima cura di costui fu il prendere l’odiato secretario Hasan e darlo in mano ai sollevati, che ne fecero crudele strazio; poi, tagliatogli la testa, la menarono in trionfo per la città, e finalmente ne bruciarono il cadavere. Il vecchio emir in questo, temendo per la vita dei figlio Giafar, lo rimandò in Egitto, ed egli stesso poco dopo andò via e portò seco secentosettantamila dinar, quattordicimila giumente, oltre i muli e l’altro bestiame che aveva (140).
Come Al Achal prese a reggere lo stato, fece da prima ogni opera per rendere tranquillo e contento il popolo; e ne fu meritato dal califfo Al Akem col titolo di Taid Addulath (sostegno dello impero), ma poi egli stesso appiccò il fuoco della discordia. Chiamati i maggiorenti fra’ Saracini siciliani, propose loro di espellere tutti gli Affricani, ch’erano nell’isola. Quelli si negarono, dicendo che pei frequenti reciproci maritaggi erano ormai divenuti un solo popolo. Avuta tale ripulsa, chiamò gli Affricani e fece loro la stessa proposta contro i Siciliani. Assentitovi questi, per fare che i Saracini siciliani sgombrassero, fece gli Affricani esenti da ogni tributo e ne sopraccaricò i Siciliani. Forse costui con iscaltra politica voleva mettere zeppe fra due popoli, onde rendere più salda la sua autorità. Tutto contrario ne seguì l’effetto; ciò precipitò la sua caduta. I Saracini siciliani, spinti all’estremo, nel 1035 ebbero ricorso ad Al Moezz ben Badis, che regnava in Affrica. Gli offrirono il dominio di Sicilia, se li ajutava a cacciare l’emir, altrimenti, dichiararono, che si sarebbero dati al greco imperatore.
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