Sempre che un paese cambia di signoria, gli ultimi dominatori si danno a denigrare il nome dei primi, per far credere al popolo sottomesso, d’aver fatto un guadagno. I romani tanto dissero, e scrissero tanto contro i tiranni delle antiche città di Sicilia, che vennero a capo di cambiare affatto il senso della parola tiranno, la quale in greco null’altro suona che il capo d’uno stato, e, divenuta latina, acquistò un significato odiosissimo. Al modo stesso gli scrittori dell’età dei Normanni dipingono i Saracini come gente affatto barbara; nè in ciò altro fanno che adottare i pregiudizî degli storici bizantini. L’errore non poteva dileguarsi allora, per la nimistà delle due religioni. Impazienti d’ogni altro culto erano per principio i cristiani; persecutori per precetto erano i Saracini. E l’odio reciproco era tale, che gli uni e gli altri si facevano coscienza di conoscere la lingua, le consuetudini, la storia e fin le azioni del popolo nemico. Nè ciò poco contribuisce a rendere oscura la storia di quest’età. I Bizantini nei pochi cenni che fanno delle cose di Sicilia, affatto ignari si mostrano dell’interno reggimento dell’isola, ti danno contraffatti i nomi, e travisati i fatti da mille fole da dirsi a vegghia. Gli Arabi, a ritroso, espongono con ordine cronologico il sunto dei fatti loro, senza accennare l’esistenza di ciò che non è musulmano.
Per tal modo la pubblica opinione già mal disposta contro i Saracini, dai Normanni in poi forviò del tutto. Ma quando lo studio delle lingue orientali si diffuse in Europa, ed uomini sommi si diedero a rovistare le grandi biblioteche e mettere in luce gli scritti degli Arabi, che in esse si conservano (e pur sono i bricioli dell’araba letteratura), si conobbe d’essere stati i Saracini, particolarmente dal IX al XII secolo, la nazione più colta del mondo, e che per essi le scienze rinacquero in Europa.
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