Ma fu vano il silenzio di colui. Il domani i Normanni capitanati da Guglielmo Braccio di ferro e da Drogone suo fratello, fatto appena giorno, assalirono i Greci, i quali non tennero l’impeto di quell’attacco. Molti ne perirono colti dalle spade normanne, ed anche più ne furono assorti dall’acque del vicino Oliveto, che nel fuggire cercavano di guadare (156).
Alto suonò per quella vittoria il nome dei Normanni. Gran parte delle città di Puglia loro si resero. Guglielmo fu riconosciuto da’ suoi commilitoni conte di Puglia. Molti dei baroni lombardi e particolarmente quelli, che presso Melfi stanziavano, si dichiararono vassalli del nuovo conte, a lui resero le città e le castella che comandavano, per lui indi in poi militarono e, perchè costoro la cedevano ai Normanni solo nella destrezza del maneggiar le armi, acquistatala sotto la disciplina loro, divennero ottimi guerrieri e molto contribuirono a’ progressi loro.
Mandò in questo l’imperator bizantino un nuovo e più numeroso esercito, di cui aveva il comando un Duceano, il quale, posto piede a terra, tirò verso Melfi, che era il centro delle forze dei Normanni. Era allora il conte Guglielmo travagliato dalla febbre quartana; ciò non di manco, come seppe che il nemico s’avvicinava, gli venne contro con tutti i suoi. Ma nel momento d’attaccar la mischia fu assalito dalla febbre, per che cesse il comando al fratello Drogone, restando egli sur un’altura ad osservar la battaglia, la quale sanguinosa ed indecisa bastò lunga pezza; perchè in tanto prevaleva il numero de’ Greci, in quanto i Normanni li vincevano in valore.
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