Era in quell’anno stesso la Calabria lacerata da tre flagelli dell’ira divina; cioè, la spada dei Normanni che non perdonava ad alcuno; la straordinaria carestia; le malattie mortali, che ivi infierivano ne’ mesi principalmente di marzo, aprile e maggio. I Calabresi, ridotti alla disperazione, incuorati dalla guerra che i due fratelli acremente si facevano, si levarono in armi. Coloro stessi, che s’erano dichiarati vassalli dei Normanni, rinnegarono la fede giurata, nè vollero pagare più oltre il tributo, o prestare il servizio. Nel castello di Leocastro furono trucidati sessanta dei Normanni, che v’erano di presidio. Il conte Roberto, vistosi allora ad un pelo di perder tutto, mandò a proporre la pace al fratello Rugiero, promettendogli la metà del paese fin’allora conquistato in Calabria e da conquistarsi ivi; oltre al castello di Mileto concessogli per se e’ suoi. L’accordo tosto seguì. Rugiero, venuto con grandi forze a Mileto, represse da per tutto la ribellione de’ Calabresi. E mal ne incolse al vescovo abate di Montecasino ed al proposto di Geraci, i quali, nulla ostante il sacro loro carattere, con grosso nervo di gente vennero ad assediare il castello di Sammartino nella valle delle Saline. Rugiero, loro corse sopra; li accerchiò; pur uno non ne campò vivo od illeso. D’allora in poi tutta Calabria fu, se non doma, tranquilla.
XII. - La ribellione s’era anche comunicata alla Capitanata. Il conte Guglielmo, chiese il soccorso di Roberto, che v’andò colla sua gente e sottomise i ribelli.
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