La preda era già sulle navi; il vento contrario fece soprastare ad imbarcarsi i guerrieri. I Saracini di Messina, ingannati da ciò, credettero che parte della banda del conte era in mare; e però vennero fuori, sicuri di combattere solo con parte de’ Normanni. Come li vide, il conte mandò il valorosissimo suo nipote Serlone ad attaccarli da un lato; onde non potessero salvarsi colla fuga; egli stesso con tutta l’altra gente, loro corse incontro dall’altra. Pur uno dei Saracini non restò in vita o libero.
Ottenuta la vittoria, s’accostò il conte a Messina credendo di trovarla indifesa: ma trovò che fin le donne erano sulle mura, risolute a fare gagliarda resistenza; però si ritrasse. Voleva celeramente ripassare in Calabria, per non dar tempo ai Saracini di que’ dintorni d’accorrere; ma il mare tempestoso nol consentiva. Fece allora voto di destinare la preda a riedificare la chiesa. di S. Andronio presso Reggio. Il mare s’abbonacciò (e Malaterra che fa fare ai santi miracoli a posta sua, lo ascrive a S. Andronio); il conte co’ suoi ritornò salvo in Calabria.
III. - Stettero il conte e ’l duca i mesi di marzo ed aprile a raccorre genti, e navi, l’uno in Calabria e l’altro in Puglia, per la grande spedizione di Sicilia. Ne’ primi giorni di maggio del 1061 (164) l’esercito era già riunito, e le navi erano pronte nell’estremo lido di Calabria, ove lo stretto è più angusto; ma vi trovarono non lieve ostacolo. I Saracini di Palermo avvertiti dalle due prime corriere del conte, che le sue mire erano dirette contro la Sicilia avevano mandata un’armata nel faro, per impedire i passaggio ai Normanni.
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