I nemici eserciti stavano a guardarsi dalle opposte rive; l’armata saracina sorgeva nel mare frapposto. L’astuto Rugiero disse al fratello di restar lì colla sua gente, per tenere a bada i nemici; egli con trecento militi scese a Reggio, vi procurò altre barche e, salitovi su, nottetempo valicò il faro (165) e corse sopra Messina. I Messinesi, spaventati dal subito apparire di quella schiera, non potendo opporre difesa; perchè il fiore della gioventù atta all’armi era perito non guari prima, s’arresero. Entrato Rugiero in città, ne mandò le chiavi al fratello. L’armata saracina, visto che lo stare ancora in quel mare, era, non che inutile, pericoloso, essendo in potere de’ Normanni il porto di Messina, si ritirò in Palermo. Il duca Roberto col resto dell’esercito, venne senza contrasto a Messina.
Un avvenimento riferisce il Malaterra assai degno di nota; perchè mostra ove giungeva la nimistà fra la gente di diversa fede. Era frai Saracini di Messina un giovane di nobile nazione, che aveva una sorella bellissima sul primo fiore degli anni, da lui tenerissimamente amata. All’entrare dei Normanni fuggì a piedi, seco menando la sorella. Non usa la vergine allo strapazzo, agitata dal timore, corso alquante miglia, venne meno di stanchezza. La paura che la sorella potesse o essere astretta a cambiar di fede, o esser violata da un cristiano, estinse nel fratello ogni senso di pietà. Di sua mano l’uccise; e poi si struggeva in lagrime nel darle gli ultimi amplessi.
Dimorato otto giorni in Messina per dar ordine al governo ed alla difesa della città, lasciatovi buon presidio, si vennero i due fratelli accostando a Rometta.
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