I Saracini, che colà erano, fatto senno dal male, che n’era incolto a quei di Messina, che erano venuti fuori per combattere i Normanni, resero la città di queto e si sottomisero al nuovo governo.
IV. - Venuti poi i conquistatori ne’ campi di Maniace, loro vennero incontro tutti i cristiani che abitavano il val di Demona, portando loro doni e soccorsi. Quindi vennero a Centorbi; ma i Saracini di quella città non si lasciarono intimorire; per che i due fratelli non vollero sprecare la gente loro in quell’assedio, mentre già sapevano che un grosso esercito saracino loro veniva sopra. Si ritirarono e vennero ad accamparsi nelle pianure di Paternò, ove credevano poter combattere con vantaggio. Ben al Themanh che fedele alla sua promessa, accompagnava il conte in quella spedizione, seppe dagli esploratori da lui spediti, non essere ancora raunato l’esercito saracino; però i Normanni s’avanzarono sino ai mulini, ch’erano lungo il fiume che scorre dal lago di Castrogiovanni (166). Qui sopraggiunse l’esercito saracino, forte di quindicimila uomini. Non erano i Normanni più che settecento; pure tale era la prevalenza delle armi e del valor loro, che i Saracini, sgominati al primo impeto, si volsero a fuggire in rotta verso Castrogiovanni; ed i cristiani nell’inseguirli ne uccisero (dice Malaterra) diecimila. Lo spoglio fu tale che, per un cavallo perduto nella battaglia, dieci n’ebbe ogni cavaliere.
Dopo la vittoria vennero il conte e ’l duca colla gente loro a fermarsi sul monte di Calascibetta.
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