Nel dibattersi gli venne fatto svincolare il braccio destro e trarre la spada. In un attimo fece bella la piazza intorno a se. Tanti ne uccise, che restò assiepato dai cadaveri. Libero, venne al morto cavallo, ne trasse la sella, e recatalasi indosso come se nulla avesse avuto da temere, a passi lenti si ritirò fra’ suoi.
Ciò non però di manco pericoloso era lo stato di Rugiero Si trovava da quattro mesi chiuso da tutte le parti, senza speranza d’aiuto o di potersi fare strada in mezzo a tanti nemici. Un’inverno rigidissimo sopraggiunse; ma quello inverno, che da prima aggravò gli stenti dei Normanni, venne in fine a trarli d’impaccio. I Saracini, usi al clima d’Affrica, o a quello più temperato de’ luoghi marittimi di Sicilia, mal potevano reggere su quell’altura al ghiado di fitto verno, che meno molesto era ai Normanni nati nel settentrione. Credevano gli assalitori temperare il freddo esterno con l’abuso del vino, per cui assiderati ed ubbriachi, con poca o nessuna vigilanza facevano la scolta di notte. Se ne avvide il conte; e per meglio deluderli, ordinò che i suoi stessero, la notte comechè vigliantissimi, nel più alto silenzio; per che i Saracini ed i Greci, credendo che i Normanni, del pari vinti dal freddo, fossero inabili a combattere; più negligenti ne divennero; talmentechè, assaliti alla sprovveduta dal conte e da’ suoi, pochi ne poterono fuggire; molti passarono dal sonno alla morte; anche più ne furono presi. Tutto il campo nemico venne in potere de’ Normanni, che vi trovarono tanta copia di viveri, che presto si rifecero del passato stento.
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