Ivi a pochi giorni da Troina, ove s’era ridotto, fece una incursione dall’altro lato dell’isola sino a Butera, onde trasse assai bestiame e prigioni; ma per la via lunga e difficile, per l’eccessivo calore dell’estate e per la mancanza d’acqua, gran numero di cavalli perdè.
VII. - Entrato l’anno 1063, i Saracini, fecero uno straordinario sforzo; gente chiamarono dall’Africa e dall’Arabia e vennero ad assalire Cerami, ove occorse il conte ed accadde la famosa battaglia, nella quale, dice il Malaterra, che Serlone, venuto fuori di Cerami con soli trentasei militi, volse in fuga trentamila Saracini. Sopraggiunto poi il conte stesso con cento militi, stava in pendente se doveva attaccar battaglia co’ Saracini, malgrado la grande sproporzione del numero. Ursello di Baliol lo minacciò di non volerlo mai più accompagnare, se schivava di venire alle mani co’ nemici. L’esercito normanno si mosse. Fu visto allora uscir dalla fila e correre il primo sopra i nemici uno ignoto cavaliere, coperto d’armi lucentissime, sopra bianco cavallo, avente in mano un bianco vessillo con sopra una croce. Tutti conobbero esser quello S. Giorgio, il quale vescovo e patriarca d’Alessandria in vita era già divenuto dopo morte cavaliere e patrone di cavalieri. Un’altro bianco vessillo con una croce fu visto sventolare dall’asta del conte. L’esercito cristiano, sicuro della vittoria per tanti segni del divin favore, assalì i Saracini. Il capitano, tenuto invincibile per lo straordinario valore e la saldissima armatura, si fece avanti; il conte gli corse sopra colla lancia in resta e al primo urto gli fece vôtar gli arcioni.
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