Nè un monaco dell’undecimo secolo poteva avere tanta filosofia da negar fede a ciò che tanti testimoni oculari dicevano ed in buona fede credevano d’aver visto. Quella vista era sufficiente a convincerli di essere invincibili, e il soldato sicuro d’esserlo lo è. Sopratutto poi è da por mente ad una circostanza, riferita dallo stesso storico, cioè che fra i musulmani militavano de’ Siciliani (169), quali, mentre erano astretti a combattere pe’ Saracini, forse in cuore volevano la vittoria de’ cristiani; ed ognun sa che una sola schiera, che volti faccia, basta a sgominare un esercito e produrre una generale disfatta.
Che che ne fosse quella vittoria non ebbe altra conseguenza che il potere i Normanni con più libertà andar predando; ma le forze loro non ne ebbero aumento; intantochè il conte non potè avvantaggiarsi dell’invito fattogli dai Pisani, i quali, per vendicarsi di alcuni torti che dicevano d’aver ricevuti da’ Saracini di Palermo, mandarono un’armata nelle spiaggie del val Demone, e proposero al conte d’assalire Palermo dal mare, s’egli correva sopra la città dalla terra; e dalla vendetta in fuori, null’altro chiedevano. Il conte rispose; non essere ancora presto per tale impresa; soprassedessero. Quelli vollero da loro soli tentar l’assalto; ma trovarono la città così ben munita, che poterono solo rompere la catena, che chiudeva il porto, e menarla seco in trionfo.
In questo, era già prossima la state; il conte volle fare una gita in Calabria. Prima di partire per lasciare Troina, ove restava la contessa, provveduta di viveri, fece una correria sino a Collesano, Brucato e Cefalù, onde ritornò ricco di predato bestiame.
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