I soldati normanni cominciarono a salire lassù tratti colle funi da quei di sopra. Beco, visto che, reso il conte padrone di quel posto, il castello non poteva più tenere, lo abbandonò.
Più duro intoppo ebbe a superare Rugiero l’anno appresso nell’assedio di Taormina, città fortissima e per sito e per arte e per lo folto popolo che l’abitava. La cinse tutt’intorno di fossato e di torri; onde venne impossibile agli assediati trar viveri da fuori. Ciò non di manco resisterono dalla fine di febbrajo sino ai primi giorni d’agosto (172), quando, vinti dalla fame, si arresero. Alla resa di Taormina tenne dietro quella dei pochi castelli che in val di Demone restavano ai Saracini. Sottomessa quella provincia; Rugiero ne fece capitale Troina, ove eresse un vescovado che riccamente dotò.
Passato nel 1079 in Val di Mazzara, ebbe a battagliare assai per sottomettere Jato e Cinisi. Era Jato posta sulla vetta di un’arduo monte, detto oggi San Cosmano, di là da Morreale. Vi abitavano tredicimila famiglie di Saracini, i quali in tanto meno avevano a temere dall’assedio, in quanto nelle inaccessibili giogaje del monte il numeroso loro bestiame stava al sicuro. Confidati nelle naturali difese, si negarono al pagamento dei tributi. Il conte maggiormente messo al punto della difficoltà, destinò all’assedio di Jato i militi siciliani, ai quali aveva concesse le terre di Partinico e Corleone; ed i calabresi a quello di Cinisi. Egli comandava i due assedî; passava dall’uno all’altro; s’esponeva il primo alle fatiche ed ai pericoli.
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