Ha dritto ogni sovrano di tener l’entrata negli stati suoi a qualunque persona, e particolarmente a quella che venga vestita di straniera potestà: ha dritto di regolare giusta i sacri canoni le cose ecclesiastiche dei suoi domini; ha finalmente il dritto di non permettere che s’allontani chiunque è addetto al servizio dello stato, sia militare, civile od ecclesiastico. Ma in quell’età, in cui i romani pontefici tenevano che alla loro autorità qualunque altra in tutto e per tutto dovesse dar luogo; in cui non sempre pure erano le intenzioni, nè sempre illibati i costumi dei legati pontifici (184), l’essere il sovrano stesso investito per sè e suoi di tutte le facoltà di legato pontificio era privilegio di gran momento. E soprattutto tale lo rendeva il dritto, che indi veniva, di decidere in ultimo appello le cause definite dai tribunali ecclesiastici, le quali avrebbero dovuto portarsi in Roma. I monarchi siciliani hanno di allora in poi esercitato questa eminente prerogativa, con destinare a ciò un ecclesiastico conventato, che ha il titolo di Giudice della Monarchia ed apostolica legazione.
La riunione della civile ed ecclesiastica potestà nella stessa persona del principe, assai valse a render più saldo il governo del conte; imperciocchè più rispettabile ei ne fu agli occhi dei sudditi secolari, ed in pari soggezione tenne gli ecclesiastici, che allora molto potevano. E però potè Rugiero con franca e sicura mano dar opera ad ordinare anche il governo politico.
III. - Era allora la Sicilia popolata da più generazioni d’uomini, diversi di origine, di lingua, di religione, di governo, di leggi e di costumi.
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