Ma simili esenzioni si trovano accordate talvolta ad altri feudatari, comecchè non ecclesiastici, i quali venivano solo obbligati a dare al signore un paio di guanti, di sproni, o di tali altre bazzecole. Ciò non però di manco, tali concessioni erano puramente feudali e dritti feudali esercitavano quei privilegiati baroni, nè andavano eglino esenti del peso d’intervenire alle adunanze convocate dal principe (198).
Tali erano i pesi, cui andavan soggetti i feudatari: eglino poi, oltre all’usufrutto del feudo (che la proprietà restava sempre al principe) esigevano per conto loro tutti quei servizi cui si trovavano obbligati gli abitanti del feudo; e spesso nella concessione stessa si specificava quali erano. Nella concessione del villaggio di Agrilla si veggono gli abitanti obbligati a zappare le terre del barone, e nelle sementi ad apprestargli ognuno un pajo di buoi per dodici giorni, e ventiquattro giornate nella messe; nelle vendemmie doveva ognuno portare un cerchio per le botti, e nelle feste di Natale e di Pasqua due galline e delle cacciaggioni; era oltracciò quella gente soggetta alla decima delle capre e dei porci. E nel concedere la terra di Mandanici, prescrisse il conte Rugiero, che ciascheduno degli abitanti desse al barone due bifolchi in ogni mese, ed una gallina nei giorni di Pasqua e di Natale.
Certo nella massima decadenza esser doveva l’agricoltura in una età, in cui era mestieri d’una angheria per coltivare la terra, e fin per avere i cerchi per le botti. E ciò sarà anche più manifesto ove si consideri che i baroni non sempre si tennero entro i confini della legge.
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