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      Quando era concessa solo la bassa giurisdizione, i baroni ne delegavano l’esercizio ad un vicecomite in ogni terra di lor dipendenza; se poi era loro data anche la criminale, destinavano uno stratigoto per tutta la signoria (199). Da ciò è manifesto, che in quell’età le due più eminenti funzioni del governo, la difesa pubblica e la pubblica giustizia, erano patrimonio ereditario di alcune famiglie.
      V. - È a questo luogo richiesto l’esaminare lo asserto di alcuni scrittori, che i feudi di Sicilia furono nella loro origine propriamente suffeudi; perocchè la Sicilia stessa fu, a creder loro, feudo del ducato di Puglia; pigliandone argomento dal detto di Malaterra che, presa Palermo, il duca Roberto volle per sè la città, e lasciò che il conte Rugiero si avesse il resto dell’isola, da tenerla da lui (200); e dalle parole di Leone d’Ostia, che il duca allora investì il fratello della Sicilia (201). Ed il Gregorio, che tenne tale opinione, riferisce assai autorità di storici e di diplomi, in cui il conte Rugiero è chiamato uomo ligio del duca di Puglia (202). Ma qui non si pon mente ad un fatto, cioè: che quando Rugiero venne per la prima volta a cercar ventura in Puglia, ebbe dal maggior fratello concessa la terra di Mileto in feudo; e forse anche in feudo a lui concesse la metà delle terre di Calabria; però a buon dritto era chiamato uomo ligio del duca di Puglia; nè per lo divenir sovrano di Sicilia furono rotti quei vincoli feudali. Mille esempi offre la storia di quell’età di principi potentissimi, ch’erano reciprocamente vassalli e signori, per feudi che ognun di loro avea nel regno dell’altro.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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