E, mentre l’autorità degli altri principi era vincolata dalla potenza dei loro vassalli, Ruggiero avea messo in tal soggezione i suoi baroni, che ad ogni cenno poteva dalla Sicilia, dalla Calabria, dalla Puglia accampare un numeroso e fioritissimo esercito, che rinforzava quanto voleva colle schiere di fanti Saracini.
Pur se ragionevole era l’ambizione di Rugiero, lodevolissima fu la via, che tenne per appagarla. Recatosi in Palermo chiamò un parlamento, in cui volle che intervenissero, oltre gli ecclesiastici ed i baroni gli uomini più distinti per sapere e per altre qualità; ivi propose l’affare. Dopo lungo esame a pieni voti il Parlamento stanziò: essere giusto che il duca Rugiero assumesse il titolo di re; ma dovea ricevere la corona reale in Salerno, per ripristinare l’antico regno di Sicilia; e se quel regno nei tempi andati si estendeva alla sola isola, essere giusto che ripristinato ora fossero allo stesso re soggette anche le altre provincie (218). Il parlamento adunque non elevò Rugiero ad un trono novello; ma volle fare risorgere l’antico e glorioso trono di Gelone, d’Agatocle di Pirro e di Gerone; e lo stesso confermò poi nella sua bolla papa Innocenzio II quando dopo tante guerre, ebbe a riconoscere il regno di Sicilia.
Ottenuto il voto del parlamento di Puglia, Rugiero fece ritorno in Palermo, ove chiamò un’altro parlamento, per assistere alla sua coronazione. Riproposto l’affare, fu con generale applauso confermato il voto dei Pugliesi. Il giorno di Natale del 1130 ebbe luogo nel duomo di Palermo la coronazione del nuovo re.
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