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      Forse il re sarebbe restato contento a tale sommissione del cognato, la quale altronde importava un riconoscere la sua dipendenza feudale; e forse fu questa la ragione, per cui il conte si negò a comparire innanzi il re e rimettersi al suo giudizio; per lo che il re, per torgli ogni speranza di riavere la moglie, e ’l figliuolo, l’una e l’altro mandò in Sicilia. Quel conte si preparò allora a farsi ragione colle armi. Tale era la condizione de’ tempi, che un solo, che osava levarsi in armi, contro il re, trovava tosto compagni. Aderì principalmente al conte d’Avellino il principe di Capua e per l’amicizia, che tra essi correa, e perchè a malincuore soffriva l’aver dovuto dichiarare il suo stato feudo del regno di Sicilia; ed a loro si unirono il principe di Bari, i conti di Conversano e d’Andria. Ed in tanto più animosi eran costoro a pigliar le armi, in quanto avevano ragione di sperare potente ajuto straniero.
      IX. - Alla morte di papa Onorio II, due pontefici erano stati eletti; ciò che spesso accadeva, quando l’elezione era in mano del popolo, ossia dei prepotenti baroni romani, ognun dei quali veniva all’elezione seguito da numerosa ciurmaglia armata; e ne’ conflitti, spesso sanguinosi e mortali, la fazione, che restava padrona del campo di battaglia, dava il capo alla chiesa. Ma talvolta un altro ne sbucciava dalla fazione perdente. I due eletti reciprocamente si scomunicavano e si chiamavano anti-papi; i sovrani d’Europa, quale a questo, quale a quello aderivano, finchè la morte o la spada non mettea fine allo scisma.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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