Tosto dopo mandò a lui ordine di recarsi colla sua gente in Roma in ajuto di papa Anacleto. Rispose il principe che non avrebbe mai obbedito agli ordini suoi, se prima non fosse tutto restituito al conte d’Avellino.
Da ambe le parti si ricorse allora alle armi. Il re coll’esercito si avanzò sino al castello di Crapacoro, poi si diresse a Montecalvo. Il principe e ’l conte lo seguivano di costa. Il re mandò chiedendo al principe il passaggio coll’esercito per lo suo stato, ordinandogli, come suo signore, di seguirlo colla sua gente in Roma, com’e’ diceva. Il principe si negò all’uno ed all’altro se non precedeva la restituzione di tutto al conte d’Avellino. Il re tornò a chiedere il passaggio per lui solo, promettendo di farsi trovare ivi a quindici giorni sul ponte di Sanvalentino, ove invitava il principe a recarsi, per trattar di presenza l’accordo; ma quello ostinatamente rispondeva, che non avrebbe ammesso alla sua presenza alcun messo del re, se prima al conte d’Avellino non erano restituiti gli stati e la moglie.
Mentre il re cercava così di menar per parole i nemici, e pareva di volere schivare un’incontro, procurava d’indurre i Beneventani a dichiararsi in suo favore, per avere in sua mano un posto vantaggiosissimo in quella guerra. Il governadore, l’arcivescovo ed altre persone avevano già indotto molti de’ Beneventani a giurare fedeltà al re, quando i più venuti in sospetto che il re, con quel pretesto non volesse sottometterli al suo dominio, levatisi in capo, cacciarono dalla città il governadore e l’arcivescovo, e chiamarono in quella vece il principe di Capua, con cui si strinsero in lega.
| |
Roma Anacleto Avellino Crapacoro Montecalvo Roma Avellino Sanvalentino Avellino Beneventani Beneventani Capua
|