Ne furono bene accolti; ma nè il pontefice, nè il re vollero travagliarsi dei fatti di Puglia. Re Rugiero dal canto suo, apprestato un grosso esercito, di cui la maggior parte era di Saracini, all’avvicinarsi della primavera dell’anno 1113 valicò il faro, con animo risoluto a trar clamorosa vendetta delle città e dei baroni che lo avversavano. Espugnò rapidissimamente Venosa, Nardò, Biroli, Minervino ed altre terre in quelle parti; e da per tutto, se è da credere allo scribba Beneventano, pose a ferro ed a fuoco le città, uccise uomini, donne, fanciulli, e fin ne arrostì (223); venne poi ad assediar Matera, ove comandava Goffredo, figliuolo del conte, il quale malgrado la valorosa resistenza, una colla città cadde in mano del re. Roberto altro figliuolo di quel conte, s’era chiuso in Armento, e fu fatto del pari prigione, espugnata la città. Ambi i fratelli furono mandati nelle carceri di Sicilia. Il conte di Matera, perduto i figli e lo stato, fuggì in Dalmazia, onde tornato in appresso, menò nella miseria i giorni suoi. Prigione anche fu fatto e mandato in Sicilia il conte d’Andria, preso in un suo castello.
Restava a punire la slealtà del conte di Conversano. S’era costui afforzato in Montepiloso, ne aveva accresciuta la munizione, ed il conte d’Avellino per rinforzarne la guarnigione vi aveva spediti quaranta militi, comandati da un Rugiero di Plenco, valorosissimo cavaliere acerrimo tra’ nemici del re. Cinta la Città, lunga pezza si combattè sotto quelle mura con varia fortuna; finalmente venne fatto ai Saracini, ch’erano nell’esercito regio, colmare un fossato e demolire un barbacane, e quindi entrarono.
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