La vigilanza di Guarino prevenne il colpo; arrestò e mandò nelle carceri di Salerno tutti coloro che a lui erano sospetti. Sopraggiunto poi l’ammiraglio colle forze raccolte in Puglia, venne a porsi ad oste di fronte ai collegati. Il Chiano scorrea fra i due eserciti; nè lo ammiraglio, nè il conte d’Avellino volevano guadarlo in faccia al nemico, per non venire con disavvantaggio alle mani; ed altronde l’avveduto ammiraglio voleva tenere in pastura il nemico fino all’arrivo dell’esercito regio. Però cominciato a mancare i viveri nell’esercito nemico, il principe co’ Pisani si ritirò in Napoli, il conte co’ suoi venne a fermarsi in Aversa.
XIII. - Tale era lo stato delle cose, quando addì 5 di giugno 1135 il re giunse in Salerno. Posto appena piede in terra, tirò ad Aversa. La sola notizia del suo arrivo e della sua marcia fece scappar dalla città la maggior parte degli abitanti e lo stesso conte d’Avellino. Il cruccio del re non ebbe freno; quanti cittadini caddero nelle sue mani, furono messi a morte; la città fu saccheggiata, arsa, spianata. Accostatosi poi a Napoli, ne incese i sobborghi, ne disertò le campagne. Nel tempo stesso il gran cancelliere veniva riducendo all’obbedienza del re le terre, non guari prima occupate dal conte d’Avellino.
Voleva il re assalire in ogni conto Napoli; però diede mano ad erigervi tutt’intorno torri e bastioni, per piantarvi su le macchine; ma, trovato per tutto il terreno sollo, non poterono gettarsi pur le fondamenta di tali opere, senzachè la scarsezza dell’acqua ed i grandi calori dell’estate, già molto avanzata, rendevano penoso e difficile il lavoro; per lo che il re per allora se ne rimase.
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