Spaurito da tal subito mutamento di cose, il duca di Napoli fu il primo a chieder pace e perdono; e ’l re lo concesse, a patto ch’egli ed i suoi dovessero indi in poi militar con lui, e così fecero. I Beneventani, a scanso di maggior danno, cacciata la fazione d’Innocenzio, al re e ad Anacleto si diedero. I rapidi trionfi del re fecero tornare in paura le minacce e la vana fidanza di papa Innocenzio, ed attutirono lo zelo di S. Bernardo. Il primo, tenendo non il re fosse venuto a portar la guerra in Roma, sicuro altronde di non potere più richiamare l’imperadore, spedì il santo abate a chieder pace. Ma inutile fu l’opera di lui; papa Innocenzio si ostinava a pretendere la restituzione del principato di Capua; il re non volle sentirne verbo.
Il solo duca Rainulfo non si lasciò sgomentare. Raccolte le genti di Bari, di Troja, di Trami e di Melfi, che ancora a lui ubbidivano, ed aggiuntovi i mille Alemanni, verso la metà d’ottobre del 1138 fu a fronte dell’esercito regio, presso Ragnano. Contro di lui era principalmente diretto lo sdegno del re. Tante volte con lui riconciliato e tante volte spergiuro, non poteva il re sperar pace, finchè costui fosse libero e vivo; e però non ricusò la battaglia. Comandava l’ala sinistra dell’esercito regio il giovanetto Rugiero, duca di Puglia, il quale cupido di segnalarsi, urtò con tal impeto la schiera che gli stava a fronte, che la ruppe, la volse in fuga, nè si tenne, sì ch’ebbe inseguito i fuggiaschi sino a Siponto. Seppe il valoroso duca Rainulfo cogliere quel momento, in cui il figlio non poteva accorrere alle difese del padre, per attaccare l’ala destra del re col miglior nerbo delle genti sue.
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