I regi tennero lunga pezza la puntaglia; ma finalmente perdutovi la vita tre mila di essi, fra’ quali il duca di Napoli ed i più distinti baroni, tutto cesse alla fermezza degli Alemanni ed al disperato valore di Rainulfo. Il re stesso con pochi seguaci fuggì a Salerno, abbandonato il campo al vincitore, che vi trovò immensa preda. I Salernitani ed i Beneventani offerirono allora al re di grandi soccorsi, per metterlo in istato di tornar subito a far fronte al duca; ma il re, rese loro le migliori grazie che potè, non accettò l’offerta. La fredda stagione era imminente; nè sano consiglio teneva affrontare un nemico abile e vittorioso; con un esercito scôrato dalla disfatta. Imperò, lasciando che il duca a sua piena balìa sottomettesse Troja e disertasse le terre dei baroni, che non tenevan per lui, il re si fermò tutto l’inverno in Salerno, aspettando la gente, che doveva sopravvenire da Sicilia.
Malgrado la disfatta del re, conosceva papa Innocenzio che non ne venivano accresciute le forze del duca Rainulfo, il quale restava sempre solo a sostenere il peso della guerra; sentiva altronde di qual momento era per lui l’essere riconosciuto legittimo pontefice nel regno di Sicilia; e però, mentre il re si teneva ancora in Salerno, mandò offerendogli di rimettere al giudizio di lui la canonicità della sua esaltazione al pontificato. Con miglior animo vi divenne Anacleto. Ambi mandarono in Salerno cardinali e teologhi per sostenere le rispettive ragioni. Il re diede prima ascolto per quattro giorni ai legati d’Innocenzio ed altrettanti poi a quelli d’Anacleto.
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