Pagina (506/1468)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      II. - Venuto poi a Capua, sbandò l’esercito, tenuti presso di sè cinquecento militi, co’ quali discorse tutta la provincia di Pescara, e quindi si fermò in Ariano, ove convocò il parlamento, per dare quei provvedimenti, che si credevano più acconci al bene del regno. Ma, tali erano allora le idee degli uomini, che in quel parlamento si credè promuovere la ricchezza pubblica con uno statuto, che direttamente dovea produrre la pubblica miseria.
      Circolava allora per l’Italia una moneta d’argento, coniata in Roma, detta perciò romesina, la quale, per essere d’ottima lega, era da per tutto ricevuta. Parve al parlamento che col mettere in corso moneta che avesse maggior titolo e minor quantità di metallo prezioso, sarebbe venuta ad accrescersi la ricchezza dello stato. Con tale stoltissimo intendimento fu vietato il corso delle romesine, ed in quella vece furono coniate due ragioni di monete; i ducati, d’argento, ai quali, comechè di bassissima lega, si diede forzatamente il valore di otto romesine; ed i follari di rame, tre de’ quali si volle che valessero una romesina. Ne avvenne, ciò che doveva avvenirne, un generale arretamento nel commercio. Nissuno volle più vendere, per non ricevere una moneta non creduta; nissuno volle comprar cica dallo straniero, al quale dovea dare buona moneta, per riceverla cattiva nel rivendere. Alte querele si destaron da ciò negli stati vicini; dachè, per essere in quell’età ignoto il cambio, tutto il commercio si faceva con moneta effettiva. Lo scriba beneventano dice: andar quello stato poco di lungi dalla morte e dall’indigenza (229). E, perchè al re era anche in alcun modo soggetta la città di Benevento, ivi fu ordinata l’esecuzione dello statuto.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





Capua Pescara Ariano Italia Roma Benevento