Saputo da costoro essere il paese tanto malparato, il re ne approfittò per estendere ivi la sua conquista. Un’armata di cencinquanta legni (233) comandata dal valente Giordano Antiocheno, grande ammiraglio di Sicilia, direttasi prima a Pantellaria, addì 22 giugno del 1148 fu a vista di Mahadia. L’emir Al Hasan, che vi comandava, chiamò i suoi a consiglio, i quali risposero, che la fame gli avrebbe uccisi prima delle spade nemiche (234); però Al Hasan ed i maggioringhi fuggirono, menando seco il meglio che poterono. La fuga loro fu agevolata dal vento contrario, che non permetteva alle navi del re di appressarsi al lido.
Verso vespro l’armata siciliana entrò in porto. Il grand’ammiraglio, trovata la città deserta, venne al palazzo dell’emir; vi trovò grandissime ricchezze e molti eunuchi Dopo due ore di saccheggio (235) bandito il solito editto di sicurezza, la città fu ripopolata da’ suoi abitatori. Caduta Mahadia, parte dell’armata venne ad espugnate Siface, e parte Susa, ed ambe furono prese senza combattere, per esserne fuggiti gli abitatori, che, fatti cauti d’ogni molestia, vi ritornarono. Nissuno osò far fronte: intantochè tutto il paese da Tripoli a Tunisi, dal deserto d’Affrica a Cairvan riconobbe il dominio del re di Sicilia (236). Fu allora che Rugiero ebbe la vanagloria di aggiungere al suo stemma il motto Appulus et Calaber, Siculus mihi servit et Afer.
È veramente da maravigliare che la potenza di re Rugiero sia stata tale, che, dopo d’avere sostenuto dieci anni di rovinosissima guerra nel cuor del suo regno, abbia potuto mettere in mare armate numerose ed accampare floridi eserciti, per imprendere e recare a fine la conquista d’Affrica.
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