Ove poi si ponga mente all’uso ch’egli fece del danaro, lungi di dargli colpa di ciò, la posterità deve essergliene riconoscente. Magnifico in tutte le opere sue, egli ridusse a miglior forma il real palazzo di Palermo. Era esso posto fra due torri; l’una chiamata de’ Pisani, ove erano riposti i reali tesori; l’altra, che si diceva Greca, stava a cavaliere di una parte della città; nel corpo di mezzo erano sale, nelle quali eran profusi l’oro, le gemme, le ricchissime tappezzerie, i più nobili arredi; altre servivano alla dimora del re; altre tenevano le matrone, i donzelli, gli eunuchi addetti al servizio della famiglia reale; in altre più spaziose e con maggior lusso parate il re o chiamava a consiglio i suoi ministri, o vi convenivano a parlamento i grandi del regno. Nobilissima era poi in quel palazzo la real cappella, incominciata dal duca Roberto Guiscardo e recata a fine da re Rugiero. Nè accade far parola del pavimento di marmo bianco e di porfido, de’ mosaici che copron le pareti, del tetto dorato, delle porte di bronzo, del portico e di quant’altro v’è di pregevole, perocchè essa si conserva ancora nel primo suo essere.
Nel palazzo stesso (tanto re Rugiero proteggeva le arti) erano le officine dei setajuoli e dei lapidari. Qui si tessevano drappi di seta di ogni ragione, quali verdi, quali color di foco, quali marezzati, quali in tessuti d’oro o di margherite; qui si lavoravano le gemme, che o si incastonavano in anella, o se ne facevan monili o si commettevano, affacciandole in modo che appena n’era visibile il convento, e si disponevano con tal maestria che colla varietà dei loro colori imitavano la pittura.
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