Con tale intendimento lasciò intatti gli antichi regolamenti del ducato di Puglia, del principato di Capua e degli altri dominî suoi, i quali, dall’essere soggetti allo stesso principe in fuori, nulla avean di comune col regno di Sicilia, ed imprese a dare una nuova costituzione alla Sicilia ed alla Calabria, che il conte Rugiero avea sottratto alla dominazione de’ Saracini e poi costituirono propriamente il regno.
Il fondatore della monarchia siciliana nel dar forma alla costituzione del regno, chiamò prima da’ lontani e da’ vicini paesi uomini insigni e di ogni maniera dotti, che trovarono nella sua corte onorevole stanza, ed a costoro furono affidate le prime cariche; studiò le leggi e gli usi degli altri paesi; e soprattutto ebbe a modello quanto s’era fatto, in quella stessa età, dal conquistatore Guglielmo in Inghilterra; perocchè pari era il genio dei due principi, comune la nazione, ed ambi venuti in possesso di regni nuovi, vollero in essi stabilire una costituzione feudale. Se non che il legislatore siciliano s’accinse all’opera, dopo che il popolo era composto all’obbedienza; onde non ebbe resistenza a superare.
Lasciati gli stratigoti, ove ven’erano, ai vicecomiti, che il conte Rugiero avea stabiliti in ogni comune, il figlio sostituì i bajuli, i quali, come i primi, furono destinati ad amministrare la rendita pubblica. Esigevano essi tutto ciò che nel comune si pagava, o per conto del re, e ciò si diceva a credenza, o in appalto, e ciò chiamavano a staglio. Da ciò nacque il chiamarsi bajulazione, bajulato, e più comunemente baglia, la somma di ciò che il bajulo esigea.
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