Non erano uscite di mente al greco imperadore le antiche pretensioni sulla Sicilia e le provincie di là dal faro; e molto meno le recenti sconfitte delle sue armate e le più cospicue città dell’impero saccheggiate. Federigo I, soprannominato Barbarossa, assunto all’impero di Germania, agognava all’acquisto della Puglia e del vicino paese, per estendere il suo regno d’Italia. La corte romana non poteva sgozzare la prigionia di papa Innocenzio, il titolo di re, da lui estorto, ed i privilegi concessi. I Mori, già padroni della Barberia, eran sempre pronti a piombare sulle città marittime conquistate da re Rugiero. E fra i baroni di Puglia molti mordevano il freno; sì che eran sopiti non ispenti i semi della rivolta. Per far fronte a tal minaccevole apparato, era mestieri che il regno si fosse mantenuto composto; e ’l nuovo re avesse avuto lo stesso vigor di mente e di braccio del suo antecessore, onde i sudditi e gli stranieri non si fossero avvisti del cambiamento. Ma l’incauto Guglielmo, erede del trono, non delle virtù del padre, sin dalle prime sì condusse in modo, che destò egli stesso un incendio di guerra intestina, la quale, finchè visse, sconvolse il regno, die’ luogo a delitti e calamità d’ogni maniera, rese arditi gli esterni nemici; e dopo la sua morte meritò a questo principe il soprannome di Malo, con cui la posterità l’ha contraddistinto.
II. - Era in grande stato appo Guglielmo un Majone, il quale avea sortito dalla natura grandi qualità e vizî grandissimi; straordinario ingegno, e pari all’ingegno eloquenza, somma capacità per gli affari, nè minor sagacità e destrezza; ma ambiziosissimo, di perduti costumi, avido di dominio, e più che di dominio di danaro, sfrenato ne’ suoi desiderî, ed anche più nella scelta de’ mezzi per appagarli, furbo e soppiattone a segno, che sotto un’aspetto benigno sapea nascondere i più neri disegni.
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