Figliuolo costui di un oliandolo di Bari, era stato da prima notajo del governo. Re Rugiero, che ne apprezzava la capacità senza conoscerne i rei costumi, che sotto quel governo non potevano mostrarsi, lo avea grado a grado promosso sino all’alta dignità di gran cancelliere; e finalmente il giorno della coronazione di Guglielmo era stata a lui conferita la carica di grand’ammiraglio, alla quale erano addetti grande autorità e profitti grandi. Guglielmo si diede tutto in mano a costui, non prestava orecchio, se non ai consigli di lui; tutto a lui si credeva, nulla ad alcun altro; egli solo era ammesso alla confidenza del re, anzi alla presenza di lui; insomma avea Guglielmo il vôto nome di re, Majone ne avea l’autorità. La sola invidia senza i vizî suoi e l’abuso fatto della sua autorità, sarebbe stata bastante a muover contro il grand’ammiraglio l’odio di tutti e particolarmente dei grandi baroni, che allora più che tutti valevano; ma egli ne diede più forti ragioni. Tutti quei ministri e quei prodi guerrieri, ai quali era dovuta la gloria del passato regno, furono, qual con un pretesto, qual con un altro, carcerati o banditi e le loro cariche affidate a persone tutte sue; ma principalmente rivolse il grand’ammiraglio l’animo suo contro tre signori, che ben conoscea d’essere impossibile indurre a secondare gli ambiziosi e rei disegni suoi, e ciò erano Roberto di Bassavilla, cugino del re, cui il giorno della sua coronazione avea Guglielmo investito della contea di Lorotello, che in nome del re governava la Puglia; Simone conte di Policastro; ed Eberardo conte di Squillace.
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