Cominciò a destar sospetti nell’animo del re contro il conte di Lorotello, facendogli credere ch’egli aspirasse al trono. Il neghittoso Guglielmo, naturalmente di mal animo e sospettoso, inabile a veder le cose cogli occhi proprî, sel credette; cominciò ad odiare quel conte; e, non solo gli tolse il governo di Puglia; ma, essendosi egli recato in Salerno, venutovi il conte ad ossequiarlo, non fu pure ammesso alla sua presenza. Non eran quelli tempi tali da potere senza pericolo fare un’affronto ad un suddito potente. Punto dal dispetto quel conte, si mise alla testa di tutti i baroni malcontenti (ed assai erano) e cominciò a tener secrete mene col papa, col greco imperadore e con Federico Barbarossa, imperadore di Germania.
Tale era lo stato del governo quando il re nel 1154 si recò in Salerno, ove venne a trovarlo un cardinale, mandato a lui, non si sa per quale affare, da papa Adriano IV, il quale nella sua epistola non lo chiamava re, ma signore di Sicilia. Il re incagnatosi a ciò, non volle vedere il pontificio legato; e, fatto ritorno in Palermo, lasciò ordine ad Ascontino, arcidiacono di Catania, suo cancelliere, che lasciò a governar la Puglia, d’invadere gli stati pontificii; e quello corse tosto ad assediar Benevento. I Beneventani cominciarono a difendersi con tal cuore, che fin misero a morte l’arcivesovo, perchè entrarono in sospetto di tenere dalla parte del re; e grandemente furono ajutati dagli stessi baroni di Puglia, molti dei quali vennero in loro difesa, e molti si negarono a prestar servizio in quella guerra; per che il cancelliere si ritrasse dall’assedio, e rivolse in quella vece le armi contro altre città di minor nome, delle quali alcune incese, alcune spianò. Papa Adriano ricorse alle solite armi, la scomunica, che sollennemente fulminò al re.
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