Parve allora a Majone d’essere quello il momento di compir la rovina del conte di Lorotello e togliere un potentissimo capo a’ baroni a lui nemici; e però indusse il re ad ordinare al cancelliere Ascontino di arrestare quel conte e mandarlo con buona custodia nelle carceri di Palermo. Colui, per eseguire senza rischio tal ordine, fece dire al conte di recarsi in Capua, ove egli era, per comunicargli i comandi del re. Il conte, che savio era, vi si recò con cinquecento militi del suo seguito, s’attendò fuori la città e mandò dicendo al cancelliere di venirlo a trovare, per fargli conoscere gli ordini sovrani. Comechè Ascontino avesse da ciò conosciuto d’esser quel conte venuto in sospetto di ciò che da lui si volea, non si perdè di animo; recatosi al campo, disse al conte: volere il re che egli cedesse ad altri il comando della sua gente. Con fiero piglio il conte rispose: essere contro tutte le leggi che i militi seguissero altro capitano che il proprio barone, ove questo non sia inabile o fellone; e come il cancelliere insistea nel volere eseguito l’ordine, il conte gli diè del forsennato e del traditore, e levato quindi il campo, si recò in Abruzzo (257).
Mentre di là del mare tali cose accadevano, re Guglielmo stavasi chiuso nel palazzo di Palermo, inaccessibile a tutti, menocchè al grande ammiraglio e ad Ugone arcivescovo di Palermo, che si erano strettamente collegati, per ajutarsi scambievolmente; e, secondo il costume introdotto già da’ Saracini in Sicilia, s’eran giurati fratelli.
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