Ciò non però di manco i baroni di Puglia si levarono in armi, e, confortati dalle forze di papa Adriano, da un’armata e dal denaro spedito dal greco imperatore, invasero la Puglia. Il conte di Lorotello assalì le città marittime; Roberto, già principe di Capua, riacquistò il suo stato, la Terra-di-lavoro s’unì ai sediziosi; i Greci presero Brindisi, tranne il castello, Bari ed altre città. Per tal modo, eccetto Napoli, Amalfi, Salerno, Troja, Melfi e poche altre piazze, tutta la Puglia fu perduta.
Tanta perturbazione calzava a capello co’ rei disegni del grand’ammiraglio. Era già gran tempo che costui covava in mente il pensiere di cacciar dal trono Guglielmo ed usurpare il regno. Grandi difficoltà aveva in ciò a superare; ma non mancava in lui nè la capacità, nè l’iniquità necessaria all’impresa. Con tale intendimento aveva levato di posto, carcerato, bandito tutti quegli alti personaggi, dai quali aveva da temere; sue creature aveva elevato alle prime cariche dello stato; s’era studiato di rendere odiosissimo il governo del re; e sperava avvantaggiarsi dei pubblici disordini, che avrebbero dato ai suoi partigiani il destro di mostrar la necessità di metter lo scettro in mani più abili. Pur comechè tale fosse stato il suo disegno, e già da lung’ora fosse venuto accattando mezzi e seducendo persone per favorirlo, non tutti conoscevano tutto il suo piano. Lo stesso arcivescovo di Palermo non ne vedeva il fondo; perocchè il grande ammiraglio, lo aveva indotto a dargli mano solo nel deporre il re ed assumere essi due il governo del regno e la tutela dei piccoli principi.
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