Il conte visto che la cosa andava in lungo, volle troncare in un colpo le fila della rea trama. Fece appiattare una mano di sgherri nel real palazzo per mettere a morte il grand’ammiraglio, come vi fosse entrato; ma una nave carica di soldati, giunta da Gallipoli in quel punto, fece soprassedere i sicarii. Il conte, a scanso che altri non fosse ito ad avvertire il grand’ammiraglio del suo tentativo, corse a lui dicendogli ch’egli impaziente di metter a morte il re, avea la mattina stessa tentato di farlo uccidere; ma l’arrivo delle truppe avea fatto soprastare la sua gente. Rispose Majone assicurandolo che avea fatto venire quella soldatesca per valersene a suoi disegni; per essere essa da lui compra, e comandata da uffiziali a lui fidi.
Saputo ciò, i baroni entrarono in pensiere che il grand’ammiraglio con quella giunta di forze non venisse a capo dei suoi disegni, ad onta della loro opposizione; però, facendo loro capo il conte di Garsiliato, si levarono in armi e vennero ad occupare Butera ove potevano resistere a qualunque forza: tanto il luogo era munito. Aveva fin’allora il grand’ammiraglio o del tutto celato al re o fattogli tener lievi gli sconcerti delle provincie oltremare; ma avvertito dalla sedizione dei baroni siciliani che la sua impresa era più difficile ch’ei non avea creduto, ebbe a palesarla al re. Guglielmo, che, immerso nelle lascivie del suo palazzo, ignorava lo stato del regno, fu altamente sorpreso di quella sommossa, e per conoscerne la ragione spedì ai sollevati baroni il conte di Squillace, cavaliere d’incorrotta probità. Giunto costui in Butera, chiese al conte di Garsiliato ed agli altri baroni un abboccamento.
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