Costui era stato uno de’ più fidi esecutori delle iniquità del grand’ammiraglio; ma poi, caduto dalla sua grazia, lo aveva fatto accusare di molti delitti; egli venne in Messina per giustificarsi; ma quello temendo forse che il cancelliere avesse mostrato che in quei delitti era stato mandario di lui senza ammetterlo a discolpa, senza forma di giustizia, lo fece dannare a perpetuo carcere, ove ivi a poco si morì.
IV. - Il re, valicato il faro, giunse nel 1156 in Salerno. Per distaccare il pontefice dagli altri suoi nemici, a lui spedì ambasciadori a chieder pace, proponendo condizioni vantaggiose alla corte romana; ma furono rigettate. Posta allora re Guglielmo ogni sua speranza nell’esito della guerra, venne ad assediare Brindisi, che era stata presa dai Greci e da essi era difesa. Comecchè fosse mandato a costoro l’ajuto del conte di Lorotello, il quale tardò a venire o, come altri dice, allo avvicinarsi del pericolo fuggì a Benevento, e fossero stati abbandonati dalla cavalleria romana, e da una banda di Celti, che si diede al re; pure attaccarono la mischia con coraggio, e tennero lunga pezza indecisa la vittoria; ma finalmente ebber a cedere al valore delle truppe regie, e restarono in parte uccisi, in maggior numero prigioni coi loro comandanti; e tutti furono mandati in Palermo. La città tosto s’arrese, e vi trovò il re molto danaro ed alcuni de’ baroni che avevan prese le armi, dei quali di presente altri fece impiccare ed altri accecare.
Soddisfatte l’avarizia e la crudeltà, che erano le due principali passioni sue, Guglielmo si diresse a Bari.
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