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      V. - Guglielmo, lungi d’avvantaggiarsi dalla congiuntura per sottrarsi al dominio che i papi contro ogni dritto s’erano arrogati sopra alcune provincie del suo regno, si tenne fortunato di rinnovare il vassallaggio. Ma in quell’età i papi avean per loro la pubblica opinione; per cui le bolle erano più formidabili degli eserciti; e gli eserciti scompagnati dalla pubblica opinione, sono stati in ogni età strumento di dissoluzione, non mezzo di sicurezza degl’imperi. E però i principi che mancavano di personale abilità, come Giovanni Senza-terra d’Inghilterra e Guglielmo I di Sicilia, credettero render più saldo il loro trono col dichiararlo vassallaggio del papa. E forse ancora il grand’ammiraglio volle così rendere il re più spregevole agli occhi del pubblico, ed ingrazianarsi la corte romana, di cui poteva aver mestieri in appresso.
      Addì 26 di giugno del 1156, nella chiesa di S. Marciano, poco di lungi da Benevento, presso il fiume Colore, Guglielmo fu da papa Adriano investito del regno di Sicilia, del ducato di Puglia, del principato di Capua, di Napoli d’Amalfi e della Marca; e con giuramento promise pagare l’annuo tributo di secento schifati per la Puglia, e cinquecento per la Marca. Fu pattuito che i conti di Lorotello e di Rupecanina cogli altri baroni, che s’erano riparati in Benevento, potessero senza molestia andar fuori del regno. Il re, dopo la funzione, presentati il papa ed i cardinali di magnifici doni d’oro e d’argento e di drappi di seta lavorati in Palermo, fece ritorno in Sicilia.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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