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      Finalmente un giorno che quel conte uscì a cacciare in compagnia dei familiari, il grand’ammiraglio corse al re, dicendogli, che colui, senza chiederne permesso, s’era visto allontanare da Palermo con molta gente armata; che ciò dava da sospettare; e però era mestieri richiamarlo. Il re spedì ordine al conte di tornare indietro; ed egli lasciata la caccia, venne in Palermo, e si diresse al real palazzo; ma non sì tosto n’ebbe oltrepassata la soglia, che fu preso, tratto in carcere, ed ivi gli furono cavati gli occhi e mozzata la lingua.
      Spenti, messi in ceppi, o banditi coloro fra i grandi del regno, la resistenza dei quali aveva il grand’ammiraglio a temere, per trarre a sè tutto il potere, fece promovere i suoi congiunti alle prime cariche dello stato. Simone Siniscalco, marito d’una sua sorella, ebbe il governo di Puglia e di Terra-di-lavoro; Stefano suo fratello fu fatto ammiraglio. Egli al tempo stesso, oltre alle schiere da lui compre, raunò una banda di soldati lombardi e transalpini, assai valenti in guerra, attirandoli con larghi stipendii; ed ogni studio pose a cattare la benevolenza del popolo colle largizioni e con maniere piacevoli, e del clero, promovendo a cariche distinte gli ecclesiastici. È questa la ragione, per cui i vescovi, ch’ebbero allora parte ai pubblici affari, furono per lui a segno che Romualdo arcivescovo di Salerno nella sua cronaca tace qualunque circostanza a lui ingiuriosa (260).
      Mentre così veniva il grand’ammiraglio raffermando la sua autorità nell’interno del regno, od allontanava gli ostacoli che potevano frastornare i suoi disegni, non trascurava la politica esterna.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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