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      Il greco imperatore, malgrado la sconfitta del suo esercito a Brindisi, non avea voluto piegarsi alla pace. Un’armata comandata dall’ammiraglio Stefano fu spedita in levante, la quale disperse l’armata greca, prese Negroponte, Almira, Sanjacopo, la torre de’ Pisani, corse la Romania, mettendo il paese a sacco ed al foco, e carica di preda tornò nel 1158 in Palermo. Ciò rese più docile il bizantino; la pace fu conchiusa.
      Morto Adriano IV, Alessandro III fu elevato alla sedia pontificia; un’antipapa era sorto, che si diceva Ottaviano, sostenuto dall’imperadore Federico I. Il grand’ammiraglio e con danaro e con maniera di soccorso sostenne Alessandro, la cui amicizia poteva essergli necessaria per le operazioni che aveva in mente. Per tal modo, tranne alcune correrie di lieve momento, che il conte di Lorotello e gli altri fuorusciti facevano a quando a quando sui confini, il regno non aveva nemici esterni a temere.
      Nell’interno i grandi fremevano, ma fremevano in silenzio; sopraffatti dal governo crudelissimo, ma energico del grand’ammiraglio, scuorati dall’infelice riuscita delle precedenti sommosse, non osavano ricorrere all’armi; l’esercito mercenario, da lui compro, era pronto a sostenerlo; il clero, pe’ favori da lui ricevuti, e per la secreta influenza di Roma, lo favoriva; la plebe, sedotta, forse lo amava. Egli intanto, per farsi strada al suo disegno; mentre tutte le azioni del re erano da lui dettate, si dava in pubblico a predicare l’insania e la bessagine di Guglielmo; a lui solo accagionava tutto il male, che si faceva; anzi talvolta, per renderlo vie più odioso, lo induceva (e facile era indurvelo) a dare alcun ordine crudele, come di cavar gli occhi o mozzar la lingua a qualche innocente, ed egli stesso poi ne sospendeva l’esecuzione, dicendo a tutti: non doversi eseguire ordini emanati da uno sconsigliato tiranno.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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