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      Fu trasportato al real palazzo tutto il danaro rinvenuto nella casa dell’estinto e tutto quello occultato o in altre mani depositato, che potè scoprirsi, martoriando l’eunuco Andrea ed altri familiari di lui; anzi il suo stesso figliuolo palesò d’avere il padre dato a conservare al vescovo di Tropea trecent’once d’oro. Quel prelato dichiarò che ben altro danaro era in poter suo, e consegnò settecentomila tarì, che, per valere allora la moneta venti volte più che oggidì oltrepassano il milione dei nostri scudi. Capitale ingente, che basta a provare la rapacità del grand’ammiraglio.
      Il re si mostrava tanto convinto della reità dell’estinto ministro, che giurò di non molestare il Bonello; però gli amici di lui spedirono messi a richiamarlo da Caccamo, ove s’era rifuggito la notte stessa del commesso omicidio. Egli, più che nel giuramento del re, confidando nel favore del popolo, nell’alleanza di tutti i baroni e nelle proprie forze, venne in Palermo. Il suo ingresso in città fu un vero trionfo. Gente senza numero, di ogni condizione, venne fuori ad incontrarlo, gridandolo liberatore, accompagnandolo sino al real palazzo, ove fu accolto dal re con grandi dimostrazioni di stima. Fu ricondotto a casa dai più distinti personaggi della corte. Il suo nome venne caro ad ogni cittadino e da un’estremo all’altro del regno era lodato a cielo. Le città e le provincie sollevate, mancata la causa della sommossa, si ricomposero. I baroni di Puglia e di Calabria posarono le armi; ma si dichiaravano pronti a riprenderle, se fosse fatto alcun male a Bonello.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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