La rabbia dei congiurati si rivolse poi contro gli eunuchi ed i saracini; quanti ne vennero loro incontrati nel palazzo o per le vie, furono uccisi. Tratto dal palazzo il piccolo Rugiero duca di Puglia, figliuolo primogenito di Guglielmo, fu condotto a cavallo per le strade e gridato re; dicendosi al popolo che null’altro s’aspettava a coronarlo che l’imminente venuta di Matteo Bonello, primo fautore di quell’impresa. Il popolo al solo sentire che Bonello aveva parte alla cosa, se ne mostrava lieto da prima; ma scorsi già tre giorni, senza che Bonello fosse di ritorno, si cominciò a mormorare della prigionia del re, del saccheggio de’ reali tesori e delle violenze ed uccisioni commesse. Il mal’umore fu accresciuto dell’imprudenza di un Gualtiero arcidiacono di Cefalù, precettore del duca di Puglia, il quale, mentre incitava il popolo a sottrarsi dal tirannico governo di re Guglielmo, insinuava di giurare fedeltà al fratello di lui, ch’ei chiamava il principe Simone. Se il re, si diceva, non deve più regnare, perchè metter sul trono un suo fratello bastardo, e non il figlio, legittimo successore, che i congiurati dicono di essere per coronarsi? Qui serpe ci cova. Dal secreto mormorare si venne presto all’aperto tumultuare; la moltitudine in armi corse al real palazzo, chiedendo ad alte grida la liberazione del re; minacciando di mettere a morte coloro, che lo tenevano prigione. I congiurati si difesero da prima con gran cuore; ma, visto che, per lo scarso numero loro, non avrebbero potuto a lungo resistere, presentatesi al re, si dichiararono pronti a rimetterlo in libertà, purchè fosse loro concesso di andarne altrove senza molestia.
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