Nè tali iniquità solo in quelle città allora avean luogo; perocchè tutti i giustizieri, gli stratigoti, i camerarii, i catapani, i bajuli, promossi dagli eunuchi e da essi protetti, divennero ministri delle costoro nequizie e non ebbero più freno nelle concussioni, nelle ingiustizie, nella pubblica venalità de’ giudizî. In pari tempo estorsioni violentissime si facevano in Puglia ed in Terra-di-lavoro, per esigere la redenzione.
Tale condotta del governo era allora, non che rea, imprudentissima, per essere il regno minacciato da una straniera invasione. L’imperadore Federigo Barba-rossa, adizzato dal conte di Lorotello e dagli altri fuorusciti baroni, si apparecchiava d’armi e d’alleanze per invadere il reame siciliano; e tanto confidava nella felice riuscita dell’impresa, che sin dall’anno 1162 avea fatte concessioni di città e terre in Sicilia (266).
Intanto Guglielmo, senza darsi alcun pensiero di ciò che accadeva nel regno, si vivea spensieratamente nel suo palazzo. Volendo emulare la magnificenza del padre, si diede a fabbricare una sontuosa villa ne’ dintorni di Palermo, che oggi s’ignora ove sia stata. Il Falcando dice che, pensando egli che il padre avea edificato la Favara, Mimnerno ed altri luoghi di delizia, imprese a fabbricare un nuovo palazzo, che superasse tutte le opere del padre (267). Il Salernitano poi dice che re Guglielmo fabbricò con mirabile artifizio un palazzo assai alto, presso Palermo, che chiamò Lisa, al quale aggiunse pometi, verzieri, peschiere ed altre delizie (268). Da tali parole nulla possiamo argomentare intorno al sito di questa villa.
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