Per rendere più gradito ai sudditi il nuovo governo, la regina mise in libertà tutti i carcerati; richiamò i fuorusciti quasi tutti; e restituì loro i beni; rilasciò a tutti i debiti loro verso l’erario; e soprattutto abolì la gravosissima imposta della redenzione (271). Assicurata così l’interna tranquillità, rivolse l’animo a conservare la sicurezza esterna. Era allora il regno minacciato dall’imperadore Federico Barbarossa, il quale era sceso in Italia con grandi forze, per cacciare dalla sedia pontificia il pontefice Alessandro III ed esaltare un anti-papa da lui promosso. La regina mandò suoi ambasciadori a stringer lega col papa, cui soccorse di gente, di navi e di danaro, mentre l’imperadore assediava Roma. Il timore dell’invasione ivi a poco svanì. L’aria malsana delle campagne romane, l’intemperanza dei soldati tedeschi, la diversità del clima produssero tanta morìa nell’esercito imperiale, che ne perirono i più distinti personaggi e fra gli altri l’arcivescovo di Colonia, cancelliere dell’impero, che era uno dei comandanti dell’esercito; destino, cui in quei tempi soggiacevano sempre gli eserciti alemanni, che scendevano in Italia; intantochè portavano sempre con loro le caldaje, per bollirvi le ossa degli estinti e ricondurli alla terra natale (272). L’imperadore, vinto così senza combattere, ebbe a tornarsi in Germania.
II. - Il regno venne allora tranquillo; ma la corte cominciò ad essere agitata dalle fazioni dei ministri, che bastarono per tutta la minorità di Guglielmo II. Avea la regina data la massima autorità all’eunuco Pietro, gran camerario del regno: il gran protonotajo e Palmeri erano come suoi coadiutori.
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