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      Roberto, uso a comprar sempre l’impunità dei suoi delitti, nulla curava da prima di tali accuse; ma visto tornar vani i doni a larga mano offerti al gran cancelliere, tutto pauroso corse ad implorare il patrocinio degli eunuchi, per lo più complici de’ suoi malfatti, e secondo il caso or protetti or protettori di lui. Costoro corsero a gittarsi a piedi della regina, dicendo non esser conveniente dare ascolto alle querele, messe avanti contro un uomo che tanti servizî avea resi al governo; esser egli accusato, per aver molti nemici, e molti averne, per essere stato rigido esecutore degli ordini avuti. Tanto insistettero que’ menni, che la regina s’indusse prima ad insinuare, e tornate vane le insinuazioni, ad ordinare al gran cancelliere di soprassedere in quella processura; perciocchè, essa dicea, gli omicidî e le rapine, di cui era accusato, non a Roberto eran da apporsi, ma al gaito Pietro allora potentissimo in corte, i cui ordini non poteva negarsi ad eseguire. Rispose il gran cancelliere: potere eseguire tale ordine solo pei delitti ch’eran di competenza de’ magistrati ordinarî; ma, come arcivescovo, non potere in sua coscienza lasciare impuniti quelli, il conoscere i quali apparteneva alla corte ecclesiastica. E, senza por tempo in mezzo, posti dall’un de’ lati i furti, le rapine, gli omicidi, le ingiurie, gli stupri violenti, la corte arcivescovile si diede a compilare il processo solo per li spergiuri e gl’incesti e gli adulterî (278), pei quali delitti, essendone evidenti le prove, fu il reo condannato ad esser frustato per la città, al perpetuo carcere ed alla perdita de’ beni.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





Roberto Pietro