Odiavano finalmente il gran cancelliere, Riccardo Palmeri, il gran protonotajo, il vescovo di Girgenti Gentile, l’arcivescovo di Salerno Romualdo e tutti gli altri cortigiani, i quali, mentre gareggiavan tra loro, per ottenere ognun per sè o l’arcivescovado di Palermo o la carica di gran cancelliere, erano restati tutti delusi, anzi avean perduto l’autorità ed i profitti, di che prima godeano.
Nè il favore del popolo valeva a contrappesare l’inimicizia di costoro; chè in quell’età non popolo era, ma plebe corriva, cieca, sfrenata e pronta sempre a farsi strumento della violenza e dell’ambizione di quei pochi, nelle cui mani era ogni avere e potere. Aggiungi che lo stesso gran cancelliere, malgrado la sua virtù, dava ai suoi nemici grave e vera ragione di querela, per la grandissima confidenza accordata al francese Otone Quarel, canonico di Chartres, che seco era venuto, il quale compartiva qual grazia da lui si voleva, purchè la si pagasse e bene. Per costui mezzo, a dispetto degli avvertimenti degli amici, s’erano introdotti nella familiarità del gran cancelliere molti dei suoi nemici, i quali erano spie di tutti gli altri, che, per dargli mala voce, venivano predicando: essere proprio scandaloso che un ciullo straniero, investito di colpo delle prime dignità del regno, abbia egli solo tutta l’autorità e tutti i lucri, restandone affatto esclusi coloro, che incanutiti erano nel maneggio de’ pubblici affari; alcun mistero dover esser in ciò; la regina dice esser costui suo parente; ma s’ignora come essa spagnuola possa aver parenti francesi; forse sotto il velo della consanguinità si ascondono altri men che onesti legami.
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