Nè contenti alle sole voci ingiuriose, venivano ordinando una cospirazione, per trovar via di smaltire il ministro, il quale non ignorava del tutto le loro mene; però, visto che corrieri spesso. erano spediti dal protonotajo al suo fratello, vescovo di Catania, mandò un Roberto da Balesme suo familiare con gente armata, ad intraprenderne due ch’erano partiti e toglier loro le lettere che portavano, dalle quali sperava scoprire il filo della trama. Il colpo andò fallito: uno dei due corrieri (ed era quello che portava le lettere) studiando il passo campò, dall’altro nulla potè sapersi. Ivi a pochi giorni quel Roberto si morì di veleno; e ne fu convinto un medico salernitano, familiare del gran protonotajo.
VIII. - Mentre in Sicilia covavano questi mali umori, un fermento era anche fra’ baroni di Puglia, i quali soffrivano a malincuore l’esaltazione di Riccardo di Mandra; e, per allontanarlo dalla corte, si erano dati ad aizzare il conte di Montescaglioso, dicendogli: non esser da tollerare che un dappoco, come Riccardo, oltre all’essere stato investito della nobilissima e ricchissima contea di Molise, fosse venuto in tale stato appo la regina, che governava a posta sua il regno; e, se ciò a tutti era grave, gravissimo dovea parere a lui che fratello era della regina; nè dover egli patire, senza nota d’ignavia, che altri più di lui valesse. Subito com’era quel conte, a que’ detti andò in fisima e rispose: sè essere pronto e vendicare l’ingiuria. Raccolti i soldati spagnuoli, che seco menato avea, ed altri avventurieri sopraggiunti, accompagnato da Boemondo conte di Monopoli, uomo savio e facondo, e da altri baroni, movea per Palermo, quando giunse in quelle parti la notizia della promozione del gran cancelliere, della sua capacità e del suo gran potere.
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