Il gran cancelliere rese loro le migliori grazie; ma li consigliò a non mettere avanti petizioni, per non essere tempo da ciò; di che coloro, per avventura anzi scornati che no, si partirono. Solo il conte di Monopoli, che savio era, si trattenne col gran cancelliere in più secreti ragionari sulle cose del regno; e tanto restò pago de’ sentimenti di lui, che gli giurò salda fede e mai in appresso non la ruppe.
In questo, i nemici del gran cancelliere, per distaccar da lui il conte di Montescaglioso. venivano dicendo a costui; non dovere egli tollerare d’esser secondo ad alcuno; avanti che corteggiare, dovere essere corteggiato; a lui come fratello della regina, spettare gli onori, i proventi, la carica, il maneggio de’ pubblici affari, che imprudentemente s’erano dati a Stefano. A ciò egli rispondea: non essere il gran cancelliere per sangue inferiore ad alcuno; ma niuno essere, che quello valesse che egli; nè a migliori mani potevasi affidare il governo del regno; quanto a sè, conoscer egli di non esser da ciò, perchè ignorava la lingua francese, che si parlava in corte.
Tornato vano quel mezzo, si diedero coloro a fare spargere fra soldati spagnuoli del conte la ingiuriosa voce delle tresche amorose della regina col gran cancelliere. Que’ soldati cominciarono allora a rimproverare al loro signore la viltà di piaggiare un uomo, che pubblicamente si sapea d’esser l’adultero della sorella dì lui, ed egli, che di poca levatura era, colto al punto; s’accinse a vendicare ciò che diceva onor suo: e però, distaccatosi di repente dal gran cancelliere, s’accostò alla parte avversa e giurò la morte di lui.
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Monopoli Montescaglioso Stefano
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