Era de’ primi in quella congiura l’eunuco gaito Riccardo, gran siniscalco del regno, il quale oltre la banda de’ Saracini, che teneva a suo soldo, avea tratto nella cospirazione tutti gli arcieri e gran numero degli altri soldati del re. Una cospirazione così estesa diede che pensare al gran cancelliere. Fece stare cinquanta soldati suoi all’ingresso del suo palazzo, perchè non a tutti in tutte le ore fosse dato andare a lui; e, per accrescere il numero dei soldati suoi, tenne al suo soldo una banda di cavalieri francesi, venuti allora in Palermo per passare in Terra-santa, fra’ quali era un Giovanni di Lavardino. Al tempo stesso indusse il re e la regina a recarsi in Messina, per dimorar ivi l’inverno e poi al sopraggiunger della primavera passare in terra ferma; e ciò all’oggetto di distaccare i capi della cospirazione da Palermo, ch’era il centro delle loro forze e punirli con pubblico giudizio. Con tale intendimento scrisse al conte di Gravina, facendogli veduto il suo pensiere, pregandolo a recarsi in Messina con buon nervo di gente.
Era nel cuor dell’autunno, che in quell’anno era stato oltre all’ordinario piovoso; per che le strade eran venute affatto rotte. Tutti i cortigiani consigliavano a differir quella mossa sino alla primavera; ma il gran cancelliere, fermo nel suo proponimento, spedì ordine in tutte le città e terre lungo la via di riattare le strade e fare i necessarî preparamenti per lo passaggio del re e della sua corte. Serenatosi poi il cielo, addì 15 di novembre del 1169 la corte mosse per Messina.
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